Invecchiare
aspettando una cattedra.
di Gian
Guido Vecchi
(Corriere della Sera mercoledì 8 ottobre 2003)
Professori con età media superiore a quella europea, poche
opportunità per i ricercatori. Dopo gli editoriali di Angelo Panebianco
parte oggi un' inchiesta del «Corriere» sulle università italiane.
Cominciando da chi insegna
L' ITALIA DELL' UNIVERSITA' . 1. I DOCENTI
Forse bisognerebbe cominciare da Isaac Barrow, Dio l'
abbia in gloria. Insegnava al Trinity College di Cambridge, era un ottimo
professore di matematica e aveva uno studente abbastanza brillante da
mostrargli, a ventiquattro anni, alcuni lavoretti: tra gli altri, la legge
di gravitazione universale. Il professor Barrow non fece una piega,
salutò e gli cedette il posto, fu così che il giovane Isaac Newton
conquistò la cattedra. Ecco, tutto questo accadeva nel 1677 in
Inghilterra, nell' Italia del 2003 pure un ragazzo così dotato avrebbe
fatto fatica, magari sarebbe andato all' estero. Docenti attempati,
ricercatori che fanno la ruggine in attesa di cattedra e una stima
impressionante: di qui al 2017 andranno in pensione venticinquemila
professori, il 45 per cento di quelli in servizio. I pensionandi sono per
la precisione 25.186, secondo il calcolo («ipotizzando pari a zero
dimissioni anticipate e decessi») che la rivista Atenei, bimestrale del
ministero dell' Istruzione, pubblica nel numero che esce oggi. Una
facoltà come Architettura avrà un esodo del 59 per cento, Lettere e
Filosofia del 56, Medicina arriva al 49 e ha il numero assoluto più alto:
5.910. Detto altrimenti, significa «una grande opportunità e insieme un
grande allarme, se non troviamo il modo d' immettere dei giovani alcune
discipline rischiano non dico di morire, ma d' essere ridotte al lumicino
sì», riassume il professor Giuseppe De Rita, presidente del Comitato di
valutazione del sistema universitario. Anche l' associazione «TreeLLLe»,
presieduta da Umberto Agnelli, ha pubblicato un «Quaderno sull'
università» che paragona il sistema italiano a quelli europei, segnala
fra le patologie «l' età media molto elevata del corpo docente e la
bassa percentuale di giovani dottori di ricerca» e conclude: «Risulta
critico il reclutamento di docenti ben qualificati». RICAMBIO - Il 65 per
cento degli ordinari e il 40 per cento degli associati ha tra i 55 e i 75
anni; il 47 per cento dei ricercatori ha più di 45 anni. In un ateneo
come la Sapienza di Roma, per dire, tre ordinari su quattro e la metà
degli associati hanno più di 55 anni, due ricercatori su tre viaggiano
sui 45. Per un giovane, del resto, già ottenere un dottorato di ricerca
con borsa di studio è un problema. Di fatto funziona una cooptazione
mascherata da concorso, i ragazzi vogliono restare anonimi per non vedersi
stroncata sul nascere la carriera ma Luisa, chiamiamola così, studia a
Milano e spiega che «i giochi sono i soliti, se non hai un prof che ti
porta avanti non ce la fai, anche se sei brava, ho amici a Roma e Siena ed
è lo stesso». LOCALIZZAZIONE - Dopodiché c' è la faccenda dei concorsi
per associato o ordinario. Come segnalava sul Corriere il professor Angelo
Panebianco, la nuova normativa ha «accentuato il carattere localistico di
reclutamento dei docenti». Lo confermano i primi dati ufficiali: dal ' 98
alla fine del 2001, 1.716 ordinari su 1.913 promossi lavoravano già nello
stesso ateneo, l' 89,7 per cento. Poco meno per gli associati: 1.625 su
2.103, il 77,3. La «mobilità» è minima. Un po' perché le università
risparmiano - far diventare ordinario un associato è meno costoso che
assumere un ordinario da fuori, paghi solo la differenza di stipendio - e
un po' per un problema di «governance», spiega Guido Fiegna, del
comitato di valutazione: «In parole povere, quelli che stanno dentro, ad
esempio un associato che vuole diventare ordinario, sono gli stessi che
votano il rettore, il senato accademico e così via, hanno un potere
enorme, ci sono rettori che sono saltati per questo». INSEGNAMENTO - Tra
l' altro, quanto tempo dedicano i docenti all' insegnamento? Difficile
dirlo. Ci sono corsi che richiedono un enorme lavoro a casa ma anche
insegnanti che di fronte a uno studente, come direbbe Umberto Eco,
mostrerebbero lo stesso stupore del capitano Cook davanti all'
ornitorinco. In teoria, docenti e assistenti «a tempo pieno» dovrebbero
dedicare non meno di 250 ore annue all' insegnamento più 100 per
«attività organizzative». Solo che «le norme non stabiliscono con
chiarezza cosa debba intendersi con ""attività
didattica"", le interpretazioni variano». Il professor Fiegna
sorride: «Siamo l' unico Paese che ha un orario indefinito. C' è una
legge del ' 99 che prevede incentivi oltre le 120 ore all' anno di
didattica effettiva. Così il Comitato ha preso quella soglia e stabilito
le 120 ore in aula come requisito minimo. Sapesse la sollevazione,
soprattutto a Giurisprudenza! Hanno i loro studi...». RICERCA - Tutto
questo ha a che fare con la valutazione del sistema universitario, «un
sistema di autonomie lo si governa solo se si valutano i risultati»,
considera Fiegna. Il ricambio dei professori potrebbe partire da qui: «Se
una quota consistente del finanziamento statale venisse data per attività
di ricerca, per la qualità dei risultati, gli atenei starebbero attenti.
In Inghilterra la quota è un terzo e le università si contendono i
migliori». Perché ogni volta è cosi difficile cambiare il meccanismo?
«A suo tempo me lo chiese anche il ministro Berlinguer, poi calcolammo
che quasi un terzo dei parlamentari, a destra e a sinistra, erano
docenti». Fiegna sospira: «Le persone di grande pregio vanno avanti lo
stesso. Ma il peggio avviene nella fascia intermedia, è li che rischia di
prevalere l' amicizia, la vicinanza da casa, il tiene famiglia. Così i
giovani entrano col contagocce, è un sistema chiuso che rischia di
diventare un gerontocomio». VALORE DEL TITOLO - Alla fine torna sempre il
problema del reclutamento. Anni fa, ricordava Panebianco, Umberto Eco
propose una lista nazionale bloccata di candidati riconosciuti idonei per
la qualità dei loro titoli, cui gli atenei potessero attingere
liberamente. Ma l' Accademia fece muro, si perdeva controllo e potere.
Letizia Moratti sta preparando qualcosa di simile, un disegno di legge
sullo «stato giuridico» dei docenti che eliminerebbe la figura dei
ricercatori in favore di contratti a tempo determinato degli atenei; per
diventare docenti ci sarebbe un concorso con una lista nazionale unica di
idonei. Adriano De Maio, rettore della «Luiss» di Roma e coordinatore
del gruppo di consulenti del ministro, dice che in realtà l' ideale
sarebbe altro: «La tara che ci porteremo dietro è quella del maledetto
valore legale del titolo di studio», esclama, «il che comporta una
certificazione da parte dello Stato del sistema che dà il titolo, a
cominciare dai docenti: di qui i concorsi. Ecco perché andrebbe abolito:
ogni ateneo scelga liberamente. E sa quando succederà? Mai, temo. Perché
c' è la mentalità corporativa, si toccano migliaia d' interessi...».
Gian Guido Vecchi (1- continua) www.corriere.it In rete il forum con i
lettori RICAMBIO IN PARTENZA Sono 25mila i docenti che usciranno di scena
entro il 2017, quasi la metà di quelli in servizio PENSIONI I PIU' VECCHI
In Italia il limite di età, a seconda della qualifica, va dai 67 ai 75
anni IMPEGNO SENZA ORARIO Per i docenti il requisito minimo è di 120 ore
in aula. Ma non ci sono i controlli CONCORSI MOBILITA' ZERO A vincere i
concorsi, nove volte su dieci, sono docenti dello stesso ateneo IL GRANDE
ESODO CHE FA TREMARE LE FACOLTÀ Solo nelle diverse facoltà di Medicina
andranno in pensione ben 5.910 professori Il numero in assoluto più alto
di tutti 1)A pochissimi docenti interessa cambiare città. E questo
malgrado nel 2001 il ministero avesse stabilito incentivi per chi voleva
trasferirsi 2)Secondo l' associazione «TreeLLLe» l' età media dei
docenti è molto elevata. Bassa invece la percentuale di giovani
ricercatori 3) Adriano De Maio vorrebbe abolire il valore legale del
titolo di studio perché è un vincolo che blocca il libero mercato dei
cervelli 59 PER CENTO è la percentuale dei professori che lasceranno
Architettura entro il 2017. A Lettere l' esodo riguarderà il 56 per cento
mentre a Medicina sarà del 49 1.716 GLI ORDINARI promossi all' interno
dello stesso ateneo tra il 1998 e il 2001. Il totale dei docenti promossi
nello stesso periodo è di 1913: mobilità quasi nulla 3 PROFESSORI su
quattro della Sapienza hanno più di 55 anni. Stessa situazione anagrafica
per metà degli associati mentre due ricercatori su 3 superano i 45 anni
250 LE ORE che docenti e assistenti a tempo pieno dovrebbero dedicare ogni
anno all' insegnamento. Cento ore sono invece previste per le attività
organizzative.